Malattie reumatiche: al 52° Congresso SIR i più recenti progressi diagnostico-terapeutici

Rimini, 26 novembre 2015 – Interessanti novità dal punto di vista diagnostico-terapeutico delle malattie reumatiche stanno emergendo in questi giorni al 52° Congresso della Società Italiana di Reumatologia, in corso a Rimini fino al 28 novembre.

Sul fronte della diagnosi, cresce la consapevolezza dell’importanza dell’individuazione precoce del malato reumatico, essenziale per un opportuno percorso terapeutico e un conseguente miglioramento della prognosi. Per quanto riguarda i trattamenti, invece, si afferma come prioritario il ruolo di un ben definito regime alimentare, mentre recenti evidenze scientifiche, aumentano il raggio d’azione dei farmaci biologici in alcune patologie.

In dettaglio, al Congresso sono stati presentati i risultati dello studio multicentrico italiano “Early Lupus Project” dedicato al Lupus Eritematoso Sistemico. L’indagine, condotta nei principali Centri  per la diagnosi e il trattamento di questa malattia, mostra che i primi sintomi riguardano più spesso l’apparato osteoarticolare e la cute. Questo aspetto, «conferma che i pazienti colpiti da Lupus Eritematoso Sistemico, in prima istanza, si rivolgono al Reumatologo (specialista competente per questa malattia) e al Dermatologo – spiega il Dottor Gian Domenico Sebastiani, Segretario Generale della Società Italiana di Reumatologia -. I risultati mostrano, anche, che la diagnosi precoce consente di migliorare notevolmente la sopravvivenza dei pazienti nel lungo periodo. Da questo punto di vista, diventa importantissima la stretta collaborazione tra il Reumatologo e il Medico di Medicina Generale, che ha un ruolo centrale nella corretta e precoce identificazione del paziente a rischio».

Nell’ambito della diagnostica per immagini, invece, i lavori scientifici presentati in sede congressuale hanno mostrato l’importanza della Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) sia nella diagnosi, che nel monitoraggio della polimiosite, una malattia autoimmune sistemica che colpisce i muscoli. «Insieme ad alcuni esami di laboratorio (anticorpi miosite-specifici e miosite-associati), la RMN ha consentito di migliorare notevolmente le capacità diagnostiche del reumatologo nei pazienti con miosite (malattia infiammatoria muscolare) – continua Sebastiani -. Importanti passi avanti sono stati, poi, registrati nella gestione dei pazienti con artrite, in cui è stato evidenziato come il telemonitoraggio consenta di migliorare notevolmente la prognosi della malattia, grazie ad un controllo più stretto (“tight control”) del paziente».

Per quanto riguarda i percorsi terapeutici è stato messo in evidenza il ruolo ‘chiave’ che l’alimentazione sta assumendo nei processi infiammatori (flogosi) di molte malattie reumatiche. Gli esperti, quindi, concordano nell’affermare che particolari regimi alimentari, suggeriti dallo Specialista Reumatologo, possono migliorare lo stato di salute del paziente e, di conseguenza, ridurre l’uso dei farmaci antinfiammatori tradizionali, evitando gli effetti collaterali ad essi collegati.

In particolare, «i regimi alimentari poveri di proteine animali, latticini e glutine si sono rivelati particolarmente efficaci – spiega il Segretario SIR – purché impiegati correttamente sotto la guida del Reumatologo».

Ampio spazio è stato dedicato anche al tema dei biosimilari, farmaci affini ai biologici, prodotti secondo specifiche linee guida europee e commercializzati a prezzi inferiori. A tale proposito, la Società Italiana di Reumatologia ha recentemente espresso la propria posizione nel documento ufficiale “Posizione della Società Italiana di Reumatologia sulla Prescrizione dei Farmaci Biosimilari” che sottolinea la centralità del Reumatologo nella scelta tra Biologico e Biosimilare, nell’ottica di tutelare al meglio la salute del malato reumatico.

Grandi passi avanti sono stati compiuti dalla ricerca scientifica nell’individuazione dei fattori predittivi della risposta ai farmaci biologici da parte dei pazienti affetti da artrite reumatoide. Continua Sebastiani: «In particolare, degno di nota è lo studio condotto dal reparto di Reumatologia dell’Ospedale San Camillo di Roma, in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche dell’Università La Sapienza, che ha portato a risultati promettenti, tramite un test sui linfociti dei pazienti con artrite reumatoide, nel predire la risposta ai farmaci anti-TNF alfa».

Nel corso del Congresso si è parlato anche dell’utilizzo dei farmaci biologici nell’artrosi, malattia molto diffusa e spesso invalidante. «Recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato che l’artrosi non è solo la conseguenza di un danno cartilagineo – spiega ancora il Segretario SIR -. Sono emersi, infatti, altri meccanismi che agiscono a livello articolare, che concorrono nel produrre un danno osseo e sinoviale, classificandosi come egualmente responsabili del processo artrosico. In particolare, è stato osservato che il rilascio di citochine pro-infiammatorie (TNF alfa, IL6), causa di danni alla membrana sinoviale, è un processo comune sia alla patologia artritica che artrosica. L’uso di farmaci biologici, che bloccano queste citochine pro-infiammatorie, è già in atto nella cura dell’artrite e  potrebbe essere impiegato in alcune forme particolari di artrosi».

Su questo fronte, infine, si è discusso di un nuovo farmaco, frutto della ricerca italiana, un  “biologico intelligente”, in grado di localizzarsi nelle sedi delle articolazioni infiammate, consentendo sia una maggiore efficacia terapeutica, sia, grazie alle dosi limitate, una migliore tollerabilità rispetto ai farmaci biologici tradizionali. «Il farmaco, frutto della ricerca di un’azienda senese, è in fase di sperimentazione presso alcuni importanti centri italiani ed europei, con risultati promettenti nella terapia dell’artrite reumatoide» – conclude il Dottor Sebastiani.