Per ridurre stabilmente la spesa farmaceutica occorrono politiche realmente innovative

Roma, 10 maggio 2016 – È da decenni una costante delle vicende italiane che, ogni qual volta si pone mano alla legge di bilancio dello Stato, si prospetti di mettere mano alla spesa farmaceutica. Le attuali proposte delle Regioni non fanno eccezione a queste regola. È una mossa comprensibile perché, a differenza di tutti gli altri capitoli della spesa sanitaria, qui è facile determinare quanto si è pagato e a chi.

“Resta il fatto che oggi si continuano a non tenere presenti i dati di fondo. Le proposte delle Regioni riprendono soluzioni già viste e non applicabili, oltre a non essere utili ai pazienti ed essere dannose per il sistema industriale italiano. Nel settembre dello scorso anno tutto il comparto farmaceutico ha già subito una riduzione dei prezzi che ha generato un risparmio di circa 400 milioni di euro per il Sistema Sanitario Nazionale e i Sistemi Sanitari Regionali ma, non ci dimentichiamo, ha gravato per lo stesso importo sulle aziende” dice Enrique Häusermann, presidente di Assogenerici.

Innanzitutto, si continua a non stimare adeguatamente quanto il servizio sanitario debba spendere per assicurare ai cittadini, e ai contribuenti è bene ricordarlo, i farmaci di cui hanno necessità, non per scelta ma per bisogno. “L’azione dello Stato non può limitarsi a contrattare il prezzo più basso possibile, senza programmazione, senza cercare di prevedere un orizzonte sia in termini temporali sia in termini quantitativi in cui le aziende possano operare in costanza di condizioni e quindi potendo programmare investimenti e produzione” prosegue il presidente di Assogenerici. Va poi rilevata una sostanziale incapacità del sistema di mettere a frutto la possibilità offerta dalla presenza dei farmaci equivalenti e dei biosimilari. Abbiamo assistito a un freno sistematico all’utilizzo dei farmaci generici e dei farmaci biosimilari, attraverso una cristallizzazione delle procedure di acquisto dei medicinali fuori brevetto che ritarda il loro ingresso in commercio ed il conseguente dispiegarsi della concorrenza a beneficio del contenimento della spesa. Ma non solo di questo si tratta, perché si è creata una concorrenza speciosa tra farmaci non più coperti da brevetto e innovazione. Niente di più scorretto: quanto viene risparmiato grazie a equivalenti e biosimilari deve essere reinvestito nell’assistenza farmaceutica.

La strada dei tagli ai prezzi dei farmaci, intrapresa fino ad oggi, non è stata altro che un panno caldo, una foglia di fico che non risolve il problema di una spesa pesantemente sottofinanziata, ma che ha sicuramente ottenuto di mettere in difficoltà le aziende del settore. “Parliamoci chiaro – insiste Häusermann – siamo di fronte ad un cambio di scenario radicale con farmaci frutto di innovazioni senza precedenti, capaci di modificare radicalmente il destino di milioni di malati. Vogliamo continuare a far finta che questo non stia accadendo? Occorre investire su questi farmaci facendo leva sulle economie possibili all’interno dello stesso capitolo di spesa. Tra il 2017 ed il 2023 andranno a scadenza brevetti di farmaci che generano, conservativamente, una spesa di oltre 3,7 miliardi di euro annui pari a oltre 22 miliardi di euro in 6 anni. Solo nei prossimi 30 mesi con l’arrivo dei farmaci equivalenti di diverse molecole in scadenza di brevetto, si raggiungeranno risparmi pari a quasi un miliardo di euro. Non solo, entro i prossimi cinque anni scadranno brevetti e certificati complementari di protezione su farmaci biotecnologici che valgono circa 53 miliardi di euro di spesa a livello globale, per i quali il Servizio sanitario italiano spende circa 1,5 miliardi di euro all’anno. Con un quadro legislativo uniforme per quanto riguarda le procedure di acquisto di questi farmaci alla scadenza brevettuale, lo Stato potrebbe ottenere un risparmio di 500 milioni di euro all’anno”.

“Assogenerici ha delle proposte” sottolinea Häusermann “e sono proposte in linea con i bisogni del Servizio Sanitario Nazionale e con la sostenibilità delle industrie del comparto. Chiediamo, quindi, di poter portare tali proposte ai decisori politici per giungere a un governo della spesa farmaceutica capace di assicurare un’assistenza adeguata ai cittadini e la sopravvivenza di aziende che, malgrado le annose e mai risolte difficoltà, ogni anno generano un fatturato di oltre 3,5 miliardi di euro e impiegano 10.000 addetti più un indotto altamente specializzato”.

“Siamo una risorsa del paese che può generare ulteriori risorse” conclude Häusermann “a patto che si prenda atto delle condizioni reali del comparto e si cominci a ragionare in termini di benefici complessivi per la sanità italiana e si abbandoni la prassi delle misure contabili da presentare a fine d’anno”.

 

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