Apertura ai capitali: nessuna chiusura preconcetta ma salvaguardare il ruolo del farmacista e della farmacia al servizio del cittadino

Roma, 12 giugno 2015 – Si è svolta oggi l’audizione della delegazione della Federazione avanti le Commissioni VI (Finanze) e X (Attività produttive) della Camera dei Deputati a proposito della Legge annuale per il mercato e la concorrenza (AC 3012), nella quale si prevede la modificazione della normativa in tema di titolarità della farmacia con possibilità di accesso da parte delle società di capitali e di numero massimo di farmacie possedute da un solo soggetto. La delegazione, composta dal segretario Maurizio Pace e dal direttore generale Antonio Mastroianni, ha rappresentato le criticità insite nel dettato della Legge che nella visione della Federazione vertono  su  quattro aree:

 

  1. Incompatibilità, integrazione verticale tra la farmacie e gli altri attori della filiera (distributori, case farmaceutiche) conflitto di interesse
  2. Integrazione orizzontale, formazione di catene e creazione di posizioni dominanti
  3. Tetto alla partecipazione del socio di capitale nella compagine societaria che possiede la farmacia o le farmacie.
  4. Responsabilità professionale del farmacista.

 

“E’ opportuno premettere che non abbiamo una chiusura preconcetta rispetto alle innovazioni, ma ribadiamo che quando si interviene su un servizio al cittadino che verte sul diritto alla salute non è possibile ammettere che tutto si riduca all’economia” dice Maurizio Pace. “Né è pensabile che cambiamenti di questa portata possano essere introdotti senza prevedere una gradualità, soprattutto considerando l’attuale debolezza del settore, oggetto da anni di continui cambiamenti. E’ un po’ come se un aereo in fase di decollo incontrasse continue turbolenze: non prenderà mai quota”.  Nel merito è stato fatto notare che  le ricerche condotte a livello internazionale “hanno dimostrato che la nascita di grandi aggregazioni e il sorgere di posizioni dominanti non hanno giovato alla qualità del servizio universalistico, in particolare per quanto riguarda l’uniformità dell’accesso al farmaco su tutto il territorio nazionale” prosegue il segretario della FOFI. “ Né si può trascurare il capitolo delle incompatibilità: si può ammettere che chi produce farmaci o chi li prescrive possa possedere farmacie, cioè il presidio sanitario al quale il cittadino si rivolge, per esempio, anche per ottenere dal farmacista indicazioni rese soltanto in considerazione delle necessità del paziente?”. Questo aspetto conduce direttamente al tema della responsabilità del professionista, che se inserito in un contesto in cui si trova a dipendere da un soggetto che – lecitamente – agisce soltanto in base alla logica del profitto, si trova in una situazione ben differente da chi può e deve agire soltanto in base a scienza e coscienza. “Mi sembra evidente che il cambiamento del contesto in cui opera il farmacista determina possibili criticità, anche banalmente sulla scelta di rendere disponibili, per esempio, tutti i medicinali basati sullo stesso principio attivo e non soltanto alcuni. Non a caso anche in Gran Bretagna il ruolo e l’indipendenza nelle scelte professionali del farmacista responsabile sono tutelate per legge in modo molto stringente”. Limitare la quota dei soci di capitale a un terzo delle quote societarie, riservando il resto ai professionisti come previsto per le altre società in ambito professionale dalla Legge 183/2011, “è un modo per tutelare questa indipendenza del farmacista e anche quella capacità, riconosciuta anche da una sentenza della Corte di Giustizia Europea, di saper temperare la ricerca del ritorno economico con la finalità della tutela della salute. Perché, alla fine, di questo si tratta: la farmacia è un presidio sanitario, sia pure in concessione a un privato, non una branca del commercio al dettaglio” conclude Pace.

 

 

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